Ho passato tre giorni a lavorare al ristorante McDonald’s di Segrate, provincia di Milano, tra l’idroscalo, Linate e il luna park, e la prima cosa che ho scoperto è che bisogna avere un’ottima memoria.
Ogni ora il manager del ristorante si assicura che tutti si lavino le mani, ma in realtà tutti si lavano le mani continuamente. Il timer del lavaggio mani suona ogni ora ma la policy prevede che ci si debbano tassativamente lavare le mani anche ogni volta che ci si toccano il viso o i capelli, ogni volta che ci si toccano i vestiti, ogni volta che si stringe la mano a qualcuno, ogni volta che si cambia mansione, ogni volta che si torna da una pausa, ogni volta che si esce dalla cucina, ogni volta che si raccoglie qualcosa caduto a terra. Ho ascoltato questo elenco, ho detto ok, mi sono lavato le mani, pochi secondi dopo mentre ascoltavo le istruzioni sulla cottura della carne mi sono istintivamente toccato il viso. «Ora ti ri-lavi le mani». Mi sono ri-lavato le mani. Da lì in poi ho scoperto quante volte, praticamente senza accorgermene, avrei avuto l’impulso di grattarmi il naso o un occhio o la testa, o quanto grattarmi ovunque e strategicamente prima di lavarmi le mani non avrebbe impedito al prurito più fastidioso di arrivare un attimo dopo aver finito di asciugarle. Le mani e gli avambracci si lavano con un sapone battericida in un rubinetto ben preciso, dal quale esce acqua a una temperatura fissa e molto calda.
Tutte queste cose le so perché me le ha spiegate Alberto, che per tre giorni mi ha mostrato il funzionamento di praticamente ogni cosa si trovi dentro un McDonald’s. Per dire, lo sapevate che il McToast si fa col pane dell’hamburger tostato al contrario? O che ogni ristorante McDonald’s “produce” direttamente la sua Coca-Cola nelle sue cucine miscelando nelle giuste dosi acqua filtrata, sciroppo concentrato e anidride carbonica? O che spesso gli operatori del McDrive prendono il vostro ordine mentre corrono a preparare il precedente con cuffie wireless e acrobazie di multitasking? Dicevamo di Alberto, però. Alberto ha 25 anni e lavora in McDonald’s da tre: ha iniziato mentre studiava all’università, con l’idea di mettere da parte qualche soldo, e non se n’è più andato. Nel frattempo si è laureato in mediazione linguistica e culturale, parla il cinese, in McDonald’s hanno visto che è in gamba e ha fatto carriera con una certa rapidità: oggi è manager, presto sarà vicedirettore. Un altro manager del ristorante è Chamit, 24 anni, proveniente dallo Sri Lanka, in Italia da 11 anni, in McDonald’s da due. Solange invece ha 22 anni, studia all’università, in tre giorni l’ho vista fare praticamente tutto – la cucina, le feste per bambini, il bar, il McDrive – e spera di restare in McDonald’s anche dopo la laurea, magari occupandosi di marketing. Le loro storie sono simili a quelle della gran parte dei loro colleghi…
11 dicembre 2012
Fonte: Il Sole 24 Ore